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di Gilbert Achcar

Molti, inclusa ad esempio Theresa May, sembrano ignorare la complementarità tra il desiderio antisemita di disfarsi degli ebrei e il progetto sionista di inviarli tutti in Palestina. Il 12 dicembre scorso, durante il pranzo d’affari annuale organizzato dai Conservatori Amici di Israele, il primo ministro May disse: «Il 2 novembre 1917 l’allora ministro degli esteri Arthur James Balfour – un conservatore – scrisse: “Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo […]”».

Il Primo ministro lesse tutto il testo della lettera su cui tornerò dopo, dopodiché proseguì dicendo: «È una delle lettere più importanti della storia e dimostra il ruolo essenziale della Gran Bretagna nella creazione di una patria per il popolo ebraico e ne celebreremo con orgoglio l’anniversario. Da questa lettera e dagli sforzi di tante persone è nato un paese straordinario.» Un paese, Israele, che il primo ministro continua a descrivere come «una fiorente democrazia, un faro di tolleranza, un motore di intraprendenza e un esempio per il resto del mondo su come superare le avversità».
Ha poi colto l’occasione per attaccare il Partito Laburista sulla questione dell’antisemitismo. Questo è avvenuto alcuni giorni dopo un evento simile organizzato dagli “Amici Laburisti di Israele”: «Comprendo come questo pranzo debba essere all’altezza di quello straordinario organizzato dai laburisti, stranamente cominciato con Tom Watson che ha cantato a squarciagola Am Yisrael Hai (il popolo di Israele vive) seguito poi dal resto della sala. Tutti noi qui oggi concordiamo pienamente con questo sentimento, ma lasciatemelo dire: nessun karaoke potrà mai farmi chiudere un occhio sull’antisemitismo».
Il Primo Ministro ha poi continuato con i risultati ottenuti dal suo governo e dal suo partito nella lotta all’antisemitismo (definizione che per lei comprende anche l’antisionismo).
Chiunque conosca le vere circostanze della Dichiarazione di Balfour può capire che il suo discorso si basa su una lampante contraddizione.
Edwin Samuel Montagu era l’unico membro ebreo del governo di David Lloyd George (lo stesso in cui c’era Balfour) ed era solamente il terzo ministro ebreo della storia inglese. Nell’agosto 1917 ricevette una bozza della Dichiarazione ed ecco il suo commento: «Ritengo che la politica del governo di sua maestà sia antisemita e diverrà un punto di aggregazione per gli antisemiti di tutto il mondo. È inconcepibile che il sionismo possa essere ufficialmente riconosciuto dal governo britannico e che il signor Balfour possa essere autorizzato a dire che la Palestina debba essere il “focolare nazionale del popolo ebraico”. Non so cosa significhi, ma credo intenda dire che i maomettani e i cristiani debbano fare spazio agli ebrei, che questi debbano essere collocati in tutte le posizioni preferenziali ed essere associati alla Palestina come l’Inghilterra lo è agli inglesi o la Francia ai francesi. D’ora in poi i turchi e gli altri maomettani presenti in Palestina andranno considerati come stranieri, così come gli ebrei dovranno essere trattati da stranieri in ogni paese diverso dalla Palestina.»
Ha poi aggiunto in tono ironico: «Forse anche la cittadinanza dovrà essere garantita solo dopo un esame religioso». Quest’ultima frase si dimostrò alquanto profetica visto che la concessione della cittadinanza nello Stato di Israele è esclusivamente legata all’appartenenza alla religione ebraica.
Mentre le sua preoccupazione per i musulmani e i cristiani in Palestina era comprensibile – all’epoca costituivano più del 90% della popolazione – c’è da chiedersi perché Montagu vedesse la “politica del governo di sua maestà” come “antisemita”. La questione diventa più chiara se si legge il testo completo del Memorandum che inviò al governo.
Riferendosi al giornale conservatore The Morning Post, distintosi nel 1920 per aver pubblicato un capitolo del famoso falso storico antisemita noto come I Protocolli dei Savi di Sion, e al settimanale antisemita The New Witness, Montagu scriveva: «Non faccio fatica a comprendere che i redattori del Morning Post e del New Witness siano sionisti e non sono sorpreso del fatto che i non ebrei d’Inghilterra possano vedere con favore questa politica».
Stava dunque identificando la complementarità tra il desiderio antisemita di disfarsi degli ebrei e il progetto sionista di spedire tutti gli ebrei in Palestina. Conosceva molto bene questo fatto che invece il Primo Ministro Theresa May sembra ignorare: lo stesso Balfour era influenzato da quella corrente antisemita nota come “sionismo cristiano”, la corrente che sostiene il “ritorno” degli ebrei in Palestina. Il vero obiettivo di questo sostegno – nella maggior parte dei casi non dichiarato, ma qualche volta detto esplicitamente – è di liberarsi della presenza ebraica nei territori a maggioranza cristiana. I sionisti cristiani vedono nel “ritorno” degli ebrei in Palestina la realizzazione di una delle condizioni per il Secondo Avvento del Cristo a cui seguirà il Giudizio Universale che condannerà tutti gli ebrei non convertiti al cristianesimo all’eterno supplizio nell’inferno. Oggi questa stessa corrente negli USA è il più leale sostenitore del sionismo in generale e del sionismo di destra in particolare.
Infatti nel 1905, quando era Primo Ministro, lo stesso Balfour promulgò l’Aliens Act, il cui scopo era quello di fermare l’immigrazione in Gran Bretagna di quei profughi ebrei che sfuggivano agli eccidi antisemiti in corso nell’Impero Russo. Il fatto che questo atto sia legato alla lettera di cui May è tanto fiera non sfuggì all’attenzione di Edwin Montagu: il ministro ebreo era particolarmente conscio del fatto che i sionisti contavano sugli antisemiti per realizzare il loro progetto di creazione di uno Stato sionista in Palestina.

Le chiare convinzioni di Theodor Herzl
Nessuno è più chiaro dello stesso Theodor Herzl, il fondatore del movimento sionista e autore del suo manifesto, Der Judenstaat, poi tradotto in inglese con il titolo “Lo Stato Ebraico”. Nella prefazione Herzl dichiara senza giri di parole: «Tutto dipende dalla nostra forza propulsiva. Quale? La miseria degli ebrei.»
Herzl continua con la stessa schiettezza nell’introduzione, rivolgendosi agli ebrei laici “assimilati” dell’Europa occidentale che volevano disfarsi degli immigrati ebrei dell’Europa orientale e che egli non esita a definire come degli “antisemiti di origine ebraica” senza alcuna accezione peggiorativa:
«Gli “assimilati” trarrebbero profitto ancor più dei cittadini cristiani dalla partenza dei loro correligionari: si libererebbero dalla rivalità angosciante, incalcolabile e inevitabile di un proletariato ebraico spinto da un luogo all’altro e di terra in terra dalla povertà e dalle pressioni politiche. Questo proletariato fluttuante diverrebbe stanziale. Molti cittadini cristiani che noi chiamiamo antisemiti ora possono offrire una resistenza determinata all’immigrazione degli ebrei stranieri. I cittadini ebrei non possono farlo, anche se li colpisce molto più da vicino, perché su di sé provano prima di tutto l’appassionata concorrenza di individui che operano in settori simili dell’industria, che, per giunta, o introducono l’antisemitismo dove non esiste, o lo intensificano dove già c’è.
Gli “assimilati” esprimono questo fastidio sottaciuto con iniziative “filantropiche”: fondano società per l’emigrazione degli ebrei erranti. L’altra faccia di questa medaglia, che sarebbe anche comica se non si parlasse di esseri umani, è che molte di queste istituzioni caritatevoli sono create contro gli ebrei vittime di persecuzioni per spedire via queste povere creature il più lontano e il più velocemente possibile. Dunque, coloro che esternamente sembrano e amici degli ebrei si rivelano essere nient’altro che degli antisemiti di origine ebraica travestiti da filantropi. Ma neanche i tentativi di colonizzazione compiuti da uomini veramente benevoli, malgrado i loro sforzi interessanti, finora hanno avuto successo. … Quei tentativi erano interessanti in quanto rappresentavano su una scala ridotta i precursori pratici dell’ideale di uno Stato ebraico.»
Il nuovo progetto concepito da Herzl per rimpiazzare le fallite imprese coloniali “filantropiche” menzionate prima consisteva nello spostarsi dall’azione caritatevole verso un’impresa politica integrata nel contesto del colonialismo europeo che puntava alla fondazione di uno Stato ebraico che appartenesse a questo contesto e lo rafforzasse.
Per questo Herzl aveva compreso che gli antisemiti cristiani sarebbero stati i più leali sostenitori del suo progetto. Il suo ragionamento principale, incluso nella sezione intitolata “Il Piano” nel secondo capitolo del suo libro, è questo: «La creazione di un nuovo Stato non è né ridicola né impossibile […] i governi di tutti i paesi flagellati dall’antisemitismo saranno vivamente interessati ad aiutarci a ottenere la sovranità che vogliamo.»
C’era bisogno soltanto di scegliere un territorio dove materializzare il progetto sionista:
«Possiamo considerare due territori: la Palestina e l’Argentina. In entrambi i paesi sono stati fatti alcuni esperimenti di colonizzazione interessanti, sebbene si fondassero sul principio sbagliato dell’infiltrazione graduale degli ebrei. Un’infiltrazione è destinata a finire male: continuerebbe fino al momento inevitabile in cui la popolazione nativa si sente minacciata e costringe il governo a bloccare ulteriori afflussi di ebrei. Dunque l’immigrazione è inutile se non si fonda su una supremazia garantita. La Società degli Ebrei tratterà con chi adesso possiede la terra mettendosi sotto l’egida delle potenze europee, se queste si dimostreranno interessate.»
Verso la fine del libro, quando spiega i “Benefici dell’Emigrazione degli Ebrei”, Herzl rassicura sul fatto che i governi presteranno attenzione al suo piano, «volontariamente oppure sotto pressione degli antisemiti.»
Ora potete capire perché Edwin Montagu avesse denunciato il progetto di lettera di Balfour come il prodotto della collusione tra il movimento sionista e gli antisemiti inglesi, e perché dichiarò categoricamente: «Ritengo che la politica del governo di sua maestà sia antisemita e diverrà un punto di aggregazione per agli antisemiti di tutto il mondo.»

Un record tremendo
Il governo Lloyd George cercò di rassicurare Montagu sul destino della maggioranza non ebraica palestinese e di quello degli ebrei che non volevano diventare dei coloni in Palestina, aggiungendo all’impegno di «facilitare il raggiungimento» dell’obiettivo della «costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico» la disposizione secondo cui era «chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni».
Conosciamo il record tremendo del governo britannico nel non far rispettare queste due clausole che erano in totale contraddizione con la promessa contenuta nell’ignobile lettera e con lo spirito che la animava.
Anche il fatto che un secolo dopo il Primo Ministro si dica orgogliosa della Dichiarazione di Balfour ed esprima soddisfazione perché il suo partito e il suo governo abbiano preso una posizione contro l’antisemitismo è motivo di sgomento per il suo scarso livello di conoscenza storica.

Questo testo è stato scritto per la conferenza “La Dichiarazione di Balfour un secolo dopo” organizzata dal Centro per gli Studi Palestinesi della SOAS, Università di Londra, il 26 ottobre 2017 e si basa in parte su un documento pubblicato su Jadaliyya il 3 novembre.

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