Tempo di lettura: 2 minuti

di Lucio Finzi

Lo scorso 9 marzo 2017 il Ministero Pubblico ha emesso un secondo decreto d’accusa contro tre dipendenti della Casa Anziani di Balerna. I tre sono accusati di coazione, ripetuta, tentata e consumata su 10 anziani ospiti della struttura di Balerna nel periodo da aprile 2014 a maggio 2015. Ricordiamo che nel 2015 la Magistratura aveva già emesso un primo decreto d’accusa, sempre per coazione da parte di un’altra ex-dipendente, la quale aveva nel periodo fino al 2011 commesso maltrattamenti su 12 ospiti.

Questo nuovo intervento della magistratura (al di là delle risultanze che potranno emergere dai processi che dovrebbero tenersi quanto prima) conferma le accuse lanciate da alcuni dipendenti della stessa casa per anziani che avevano avuto il coraggio di denunciare alla Magistratura questo secondo troncone di maltrattamenti. Personale che, lo ricordiamo, ha pagato duramente questo coraggio, perdendo il proprio posto di lavoro e rimettendoci pure la salute.
E queste nuove evidenze rilanciano la discussione su alcuni temi politici di fondo, tra l’altro confermati dall’emergenza di altre situazioni in altri istituti per anziani. In questi ultimi casi non si tratta di maltrattamenti nei confronti del personale, ma di problemi di rapporti tra le direzioni degli istituti e il personale, il clima di paura che regna tra il personale che, in queste condizioni, non riesce a svolgere al meglio il proprio lavoro. Con pensanti ricadute, evidentemente, sulla qualità delle cure verso gli ospiti di questi istituti.
Questi avvenimenti di Balerna (e gli altri) evocano la necessità di modificare profondamente la gestione delle case per anziani. E questo da più punti di vista.
Prima di tutto dal punto della gestione di queste strutture, oggi in mano a Municipi e consorzi che molto spesso trasformano questi istituti in autentici luoghi di politiche clientelari, con tutte le immaginabili conseguenze. Nomine di direttori, di responsabili delle cure, politica del personale e di gestione delle attività delle strutture sono tutte gestite fondamentalmente al di fuori di qualsiasi controllo.
E tocchiamo qui il secondo problema, quello del controllo delle politiche applicate in questi istituti e del controllo della qualità delle cure. La vicenda di Balerna ha dimostrato in modo eclatante l’assenza di qualsiasi controllo sulla qualità delle cure e sulla gestione degli istituti. E l’assoluto disfunzionamento delle strutture e dei meccanismi che, almeno teoricamente, dovrebbero sorvegliare queste strutture, dalle commissioni cantonali di sorveglianza al ruolo del medico cantonale.
Il terzo problema riguarda il personale che vive una condizione di assoluta difficoltà. Da un lato esso affronta un lavoro difficile e duro in condizioni che non permettono sempre (per la pesantezza del lavoro, per la lunghezza degli orari, per la mancanza di un numero di effettivi adeguati, per le logiche di gestione della somministrazione delle cure, etc.) di svolgere in modo adeguato e soddisfacente il proprio lavoro. Le dinamiche di maltrattamenti segnalate sono spesso il risultato del polarizzarsi di questi contesti lavorativi e, in un quadro di lavoro radicalmente diverso, sicuramente non si verificherebbero.
A questo punto le carenze sul controllo delle cure da parte dell’autorità cantonale, denunciate dall’MPS e in diversi atti parlamentari da Matteo Pronzini, trovano una ulteriore drammatica conferma da parte della Magistratura. Attendiamo ora la reazioni di tutti coloro che attendevano con “tranquillità” le decisioni della magistratura.
L’autorità politica, in particolare il Consiglio di Stato, non può ora continuare a nascondersi, facendo l’offeso, e rifiutarsi di rispondere agli interrogativi posti dal deputato dell’MPS. E, con ancora maggiore urgenza, deve intraprendere tutte le misure necessarie affinché simili vicende non si ripetano.

Print Friendly, PDF & Email