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Via la protezione umanitaria, sostituita da “permessi speciali”, tempi più lunghi e regole più stringenti per ottenere la cittadinanza italiana (con possibilità di revoca), un taglio ai fondi per l’accoglienza. Sono questi solo alcuni dei punti del dl Salvini su immigrazione e sicurezza (inizialmente i due decreti erano separati, poi sono stati accorpati in un unico dl). Il provvedimento è stato approvato oggi all’unanimità in Consiglio dei ministri. “Ora arriva tranquillamente all’attenzione del Parlamento che potrà esaminarlo e migliorarlo, il testo non è blindato – spiega il ministro dell’Interno, Matteo Salvini che parla di un “passo avanti per combattere mafiosi e scafisti, per espellere più velocemente delinquenti e finti profughi, per togliere la cittadinanza ai terroristi, per dare più poteri alle Forze dell’Ordine”. Ma il provvedimento fa discutere, a cominciare dal fatto che il tema immigrazione sia trattato in termini securitari, come ha sottolineato il segretario della Cei, Nunzio Galantino: “Mi sembra strano che si parli di immigrati all’interno del decreto sicurezza. Inserirlo lì significa giudicare già l’immigrato per una sua condizione, per il suo essere immigrato e non per i comportamenti che può avere”. Ma oltre la forma a preoccupare le organizzazioni umanitarie è la sostanza: il timore più forte è che con le norme introdotte ci sia un restringimento dei diritti fondamentali e si crei una platea sempre maggiore di immigrati irregolari.

Cosa prevede il decreto. Tra i punti principali del decreto c’è il ridimensionamento della protezione umanitaria, che viene normata e in parte sostituita con dei “permessi speciali”. In pratica chi non si trova nella condizione di poter chiedere asilo o protezione sussidiaria, non potrà ricorrere all’istituto dell’umanitaria, se non in casi eccezionali. I permessi speciali sono previsti, infatti, in 6 fattispecie: per le vittime di grave sfruttamento lavorativo, le vittime di tratta, le vittime di violenza domestica, le vittime di gravi calamità naturali, coloro che necessitano di cure mediche o i protagonisti di fatti di alto valore civile. Non è parte del decreto, ma arriverà entro autunno la revisione dei costi per l’accoglienza dei migranti: “I famosi 35 euro verranno rivisti in base alla media europea con un netto taglio delle spese – ha detto il ministro Salvini in conferenza stampa -. Contiamo su un risparmio di un miliardo e mezzo di euro all’anno, se si manterrà la riduzione degli sbarchi. Sono soldi che verranno rinvestiti in sicurezza”. Nel dl si decreta, invece, che al sistema di accoglienza Sprar potranno accedere solo coloro che hanno già ottenuto la protezione internazionale e i minori non accompagnati. Si prevedono, poi, tempi più lunghi per l’ottenimento della cittadinanza italiana, da 2 a 4 anni per la risposta, e la possibile revoca, ma solo in caso di condanne definitive per reati di terrorismo. E’ questa una delle norme che sono state cambiate rispetto alla bozza iniziale per il timore che il testo fosse ritenuto incostituzionale. Potrà, invece, essere sospesa la richiesta d’asilo in caso una condanna in primo grado o per pericolosità sociale del soggetto: “questo sarà motivo sufficiente per accompagnare il richiedente asilo in un Cpr e avviarlo alla pratica di espulsione – ha detto Salvini – è stata questa una delle mediazioni aggiunte e accolte”. Si amplia anche la possibilità di negare o revocare la protezione internazionale per i reati di violenza sessuale, lesioni gravi, rapina, mutilazioni sessuali, furto aggravato, traffico di droga. La durata di permanenza nei Cpr sarà ampliata, passando da 3 a 6 mesi. Questo, ha spegato il ministro, “per facilitare i rimpatri”. In questo senso vengono anche stanziati fondi per i rimpatri: 500mila euro per il 2018 e 1,5 milioni per il 2019 e 2020.

Le reazioni. Il decreto però fa discutere, molte critiche sono giunte in particolare dalle organizzazzioni umanitarie, preoccupate che con le nuove misure si allarghi la platea degli irregolari: “l’annullamento della protezione umanitaria è una scelta grave che spinge verso forme di esclusione sociale i migranti più vulnerabili”, dichiara Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. Secondo Ramonda è preoccupante anche quanto previsto sul fronte accoglienza “il sistema di accoglienza e integrazione Sprar è considerato all’estero un’eccellenza italiana — continua Ramonda — La sua destrutturazione espone il Paese ad un aumento dell’irregolarità: il contrario di quel che vuol perseguire il Governo. La giusta necessità di governare in modo sostenibile l’immigrazione — conclude Ramonda — non può andare a discapito della dignità, dei diritti e delle libertà delle persone che migrano alla ricerca di una vita migliore”. Anche per Refugees Welcome il provvedimento “rappresenta un preoccupante passo indietro. Invece di potenziare il sistema di accoglienza diffusa gestito dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si sceglie di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni”, sottolinea la presidente Fabiana Musicco. Per il direttore del Cir ed ex capo dipartimento Immigrazione al ministero dell’Interno, Mario Morcone, “se l’obiettivo è ridurre l’ìrregolarità, i conflitti e le marginalità allora dovremmo adottare un criterio esattamente opposto e cioè quello di offrire delle griglie di regolarizzazione, caso per caso, come avviene già in Francia e in Germania, per tutti coloro che non hanno commesso reati in Italia e che, invece, stanno fornendo un contributo al paese – sottolinea -. Fare il contrario, partire dall’idea di chiudere e basta, lasciando solo alcuni casi residuali di protezione, finisce per aumentare la marginalità degli irregolari, agevolare percorsi di radicalizzazione: sostanzialmente far crescere il conflitto piuttosto che l’inclusione”. Quando era a capo del Dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, il prefetto Morcone più volte aveva rimarcato la necessità di pensare a vie legali di ingresso, non escludendo anche l’introduzione di una misura che potesse contribuire alla regolarizzazione delle persone, una sorta di permesso umanitario temporaneo. “In un paese nel quale non esiste una via di ingresso legale per lavorare, non ha nessun senso impedire che quelli che lavorano e non hanno commesso reati non abbiano possibilità di emergere dall’irregolarità – spiega Morcone -. La strada dovrebbe essere diametralmente opposta a quella proposta nel dl Salvini: aprire dei canale di ingresso legale e avere possibilità caso per caso per valutare situazione che possono essere accolte”.

Anche il Centro Astalli esprime preoccupazione per gli effetti che le nuove misure introdotte potranno avere sulla vita dei migranti. “L’unificazione del Decreto sicurezza e del Decreto immigrazione in un unico testo di legge ci pare fuorviante e sbagliata. Ancora una volta si va a reiterare la nefasta equazione che assimila i problemi di sicurezza interna, come criminalità organizzata e terrorismo, al tema della gestione delle migrazioni e in particolare delle migrazioni forzate, che ben altro sforzo legislativo richiedono in termini di programmazione, gestione e integrazione dei migranti – sottolinea l’organizzazione – Registriamo come un arretramento sostanziale la riforma dello Sprar e l’esclusione da questo tipo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Viene così meno il principio fondamentale secondo cui la riuscita di un percorso di integrazione debba partire dalla prima accoglienza, come chiaramente espresso anche nel Piano Integrazione per i rifugiati del Ministero dell’interno”. Di passo indietro parla padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli: “non si tiene conto da un lato delle vite e delle storie delle persone e dall’altro del lavoro di costruzione che da decenni tante organizzazioni umanitarie e di società civile hanno fatto in stretta collaborazione con le istituzioni, in particolare con gli enti locali, in un rapporto di sussidiarietà che ha rappresentato la linfa vitale del welfare del nostro Paese”. Sulla stessa scia Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci nazionale, che parla di un “capolavoro di razzismo istituzionale”. “Una pagina buia per la nostra democrazia. L’idea che sottrarre diritti al gruppo più fragile della nostra società, i rifugiati e richiedenti asilo, possa in qualche modo risolvere i problemi del Paese – afferma -. Ridurre lo spazio dei diritti per un gruppo, una minoranza, oltre ad essere contrario ai principi della democrazia e della nostra Costituzione, alimenta il conflitto sociale e peggiora la qualità delle relazioni nei territori”. Per Miraglia “la combinazione della chiusura dei porti alle ong, il blocco di qualsiasi azione di salvataggio in mare, i contenuti del Decreto Legge della Vergogna oggi approvato dal Consiglio dei Ministri, rischiano di cancellare di fatto il diritto d’asilo in Italia”.

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